I presunti collegamenti tra l’agenzia americana DARPA e il coronavirus dei pipistrelli
I recenti tweet di Paolo Barnard sui legami “sospetti” tra l’agenzia della Difesa americana DARPA e uno studio sui virus dei pipistrelli, sono stati rilanciati da diversi blog, per sostenere l’ennesima teoria di complotto sul nuovo coronavirus fuggito da un laboratorio, nell’ambito di oscuri piani di guerra biologica.
Nei cinque tweet pubblicati su Twitter fa un resoconto dei suoi dubbi riguardo i collegamenti tra DARPA e un progetto di ricerca sul sistema immunitario dei pipistrelli, in relazione ai loro virus. Mostra anche gli screen di alcune mail inviate alla ricercatrice Cara Brook dell’Università di Berkeley e a un esponente della DARPA, Jared Adams.
Barnard lamenta l’insufficienza delle risposte ottenute da Adams – di cui al momento non conosciamo il contenuto – e il silenzio di Brook. Analizziamo i tweet pubblicati per capire se i suoi dubbi possono già trovare sufficienti spiegazioni.
Quello studio finanziato dalla DARPA
Partiamo dal primo tweet di Barnard:
«Il n-Corona è stato studiato per anni da Cara Brook, Miller Fellow at UC Berkeley (fonte eLife). Salta fuori che i fondi x lo studio vengono dal DARPA: Defense Advanced Research Projects Agency (US dip della Difesa), il lab di armi + sofisticato del mondo».
Con una ricerca per parole chiave arriviamo a un post nel sito della Berkeley University, dove si cita un articolo di eLife. Si tratta di una rivista scientifica open access, ovvero che rende pubblicamente consultabili i suoi articoli, integralmente.
Il post della Berkeley spiega quel che avevamo trattato diverse volte anche noi: ovvero l’origine per niente straordinaria di quel che oggi chiamiamo SARS-CoV2. «SARS, MERS, Ebola, Marburg e probabilmente il nuovo virus 2019-nCoV appena nato – hanno avuto origine nei pipistrelli». Si menziona quindi una ricerca della stessa Università, dove si tratta della efficiente risposta immunitaria dei pipistrelli ai coronavirus.
«Ciò rende i pipistrelli un serbatoio unico di virus in rapida riproduzione e altamente trasmissibili – continua l’autore – Mentre i pipistrelli possono tollerare virus come questi, quando questi virus dei pipistrelli si spostano in animali privi di un sistema immunitario a risposta rapida, i virus sopraffanno rapidamente i loro nuovi ospiti, portando a tassi di mortalità elevati».
Ed è a questo punto che si menziona Cara Brook, prima firmataria dello studio di eLife (link per il download). Non è molto chiaro a questo punto cosa c’entri una ricerca sul sistema immunitario dei pipistrelli – basato su piastrine da laboratorio – col fine di creare un’arma biologica; compito che dovrebbe spettare a chi usa queste fonti, allo scopo di mettere in piedi una tesi, dove si fanno allusioni di complicità da parte di ricercatori, Università e Istituzioni come DARPA.
Barnard riporta che la ricerca è prodotta coi finanziamenti dell’Agenzia del dipartimento della Difesa americano, DARPA. Ma lo studio è di pubblico dominio, vi hanno partecipato anche Università di altri Paesi, come si evince nella pagina di anteprima, subito dopo titolo ed elenco dei firmatari:
«University of California, Berkeley, United States; Albert Einstein College Of Medicine, United States; Princeton University, United States; Charité Universitätsmedizin, Germany; Albert Einstein College of Medicine, United States; Duke-National University of Singapore Medical School, Singapore; Royal Netherlands Institute for Sea Research, Netherlands».
Forse Barnard si riferisce ai rapporti tra la prima firmataria della ricerca e DARPA, nell’ambito di un progetto di ricerca più ampio, come si evince dal sito di news scientifica ScienceDaily, che si rifà al post della Berkeley:
«”Le maggiori minacce ambientali ai pipistrelli possono aggiungersi alla minaccia della zoonosi”, ha affermato Brook, che lavora con un programma di monitoraggio dei pipistrelli finanziato dalla DARPA (Agenzia per i progetti di ricerca avanzata della difesa degli Stati Uniti) attualmente in corso in Madagascar, Bangladesh, Ghana e Australia. Il progetto, Bat One Health, esplora il legame tra la perdita dell’habitat del pipistrello e lo spillover dei virus del pipistrello in altri animali e umani».
Si fa quindi riferimento al progetto «Bat One Health», che riguarda il monitoraggio dei pipistrelli e del loro habitat, la cui riduzione potrebbe avere ricadute sull’evoluzione dei virus da loro ospitati. Il progetto coinvolge diversi paesi del Mondo. Di nuovo, ci risulta di difficile comprensione un collegamento col trattamento dei virus in laboratorio a scopi militari.
Perché DARPA finanzia un progetto che interessa la salute dei cittadini americani?
Passiamo al secondo e terzo tweet di Barnard:
«Mi vengono 2 domande: perché DARPA finanzia la zoonosis bats-umani? Perché l’univ più di sinistra e pacifista d’America accetta soldi dalla Difesa USA? Scrivo alla Brook: muta. Scrivo al DARPA e il top delle communications (vedete foto) mi risponde 3 volte mail fiume».
«Sia io che Jared mettiamo la Brook in copia, ma lei sempre muta. Ricordate il macello successo a Google (i Google walkouts) perché Google aveva osato accettare un contratto dalla Difesa USA? E Berkeley lavora con il più letale lab militare americano?».
Le risposte a queste domande possiamo trovarle nel sito del progetto Bat One Health. I ricercatori provengono da diverse Università del Mondo. Ed è comprensibile che una Agenzia come DARPA, che si occupa di investire sulla sicurezza degli Stati Uniti, possa preoccuparsi anche di tenere sotto controllo eventuali minacce “virali”.
Virus informatici e virus biologici
Passiamo al quarto tweet:
«2 anni fa la Supermicro infetta mezza US (incl. Amazon Apple e Gov.) con chips nelle schede madri fatte in Cina e infettate dall’esercito cinese. […] Oggi un n-virus che è già studiato da tempo dal DARPA attraverso la ‘brava’ Berkeley».
Barnard con un salto pindarico passa dai virus biologici a quelli informatici, per ragioni non meglio chiarite. Si parla di chip delle schede madri infettate dai cinesi, ma come Barnard saprà, oltre a trattarsi di un problema informatico, non implicava una complicità di aziende come Amazon e Appel, ma ansi il fatto che ne fossero vittime.
«Nidificati sulle schede madri dei server – riporta Bloomberg – i tester hanno trovato un piccolo microchip, non molto più grande di un chicco di riso, che non faceva parte del design originale delle schede. Amazon ha riferito la scoperta alle autorità statunitensi, inviando un brivido attraverso la comunità dell’intelligence».
Amazon per servizi come Prime Video faceva affidamento ad aziende esterne, le quali a loro volta si rivolgevano ad altre, per le schede madri e i chip dei server. Il pericolo di essere spiati in qualche modo dai cinesi si estese in tutto a 30 aziende, non solo quelle informatiche.
«Un funzionario afferma – continua Bloomberg – che gli investigatori hanno scoperto che alla fine ha colpito quasi 30 aziende, tra cui una grande banca, appaltatori governativi e la società più preziosa del mondo, Apple Inc».
Certo, l’assonanza tra “virus informatico” e “virus biologico” c’è, ma non è chiaro dai tweet, in che modo possano dimostrare collegamenti tra DARPA, varie Università del Mondo e il nuovo coronavirus.
Wuhan: «una Silicon Valley cinese»
Arriviamo al quinto e ultimo tweet:
«finisce a fare un macello a Wuhan che è una Silicon Valley Cinese. Ora, no teorie del complotto! ma questa è curiosa, e forse spiega perché la più grande agenzia della Difesa USA mi risponde 2mila righe, e Berkeley zitta. Però rimaniamo fedeli alla Evidence Based Science, ma.. »
L’unica vaga correlazione sta nel definire la città del primo focolaio di infezione «una Silicon Valley Cinese». Possiamo allora capire perché, alla luce di queste speculazioni, Barnard non riesca a ottenere risposte: forse sono le domande a essere sbagliate.
A seguito di quanto riscontrato, le dichiarazioni rilasciate da Paolo Barnard nei suoi tweet elencano dati decontestualizzati e senza alcun collegamento probante.
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